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Hai sentito parlare dei David di Donatello?

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Da bambini abbiamo tutti sognato gli Oscar. 

Tutti, a un certo punto, abbiamo puntato gli occhi al cielo e cercato il nostro posto tra le stelle. La notte degli Oscar trasforma la ricerca in realtà, dando al talento la sua più alta e giusta affermazione.


Quando ero piccola aspettavo quella notte quasi come se fosse la vigilia di Natale. Dovevo navigare in tutto il web per trovare un servizio di streaming che mi permettesse di vedere la cerimonia. Stiamo parlando dei primi anni 2000, cercare sul web servizi di streaming illeciti non era facile come oggi, ma che ve lo dico a fare, per me era un gioco da ragazzi. Finivo sempre su qualche account di Youtube che iniziava a trasmettere gli Oscar dal red carpet in poi, e ne amavo ogni... minuto di caricamento. Dopo essermi trasferita negli Stati Uniti mi sono resa conto che la notte di Hollywood non era solo per gli attori o per gli aspiranti tali, ma era una notte speciale per tutti, una versione un po' frizzante del Super Bowl e, in pieno stile football-weekend, si facevano feste per vedere gli Oscar, con patatine e tanti drink.


Ero ossessionata, e ancora lo sono, dalla celebrazione del talento. Ogni Paese ha la sua versione degli Oscar, l'Italia, per esempio, ha i David di Donatello. Concettualmente è la stessa identica cosa e va avanti dal 1956. Ci si potrebbe chiedere perché non se ne sente parlare tanto quanto gli Oscar? Sono conosciuti in tutto il mondo come la famigerata cerimonia di Los Angeles?


La risposta è no, e per questo c'è una semplice ragione dietro il sipario: l'industria cinematografica italiana è semplicemente diversa.

Citando Pierfrancesco Favino in una delle sue ultime interviste alla "Berlinale":  "Ci sono un sacco di produzioni internazionali che stanno girando in Italia in questo momento, ma comunque un personaggio italiano non sarà interpretato da un attore italiano in nessuna di queste produzioni". Questo riassume l'intero problema, l'industria è diversa, non scommette sulla sua gente e non spende così tanto. Tutti questi motivi rendono davvero difficile che i David di Donatello siano l'equivalente degli Oscar. 


Perdendo la luce scintillante che circonda una notte magica, l'evento diventa solo per un'élite di persone, e per élite intendo solo coloro che se ne interessano, il che porta la cerimonia a essere meno interessante per gli individui mondani. Anche la pubblicità è inesistente. 


Ma visto che stiamo attraversando una nuova fase di ascesa dell'industria cinematografica, una nuova marea, un nuovo capitolo, tuffiamoci nelle promesse italiane che attendono di essere scoperte dal pubblico e che sono in corsa per assicurarsi un posto tra i 5 film di successo dell'anno. 


“La santa piccola”, diretto da Silvia Brunelli, “Space Monkeys” di Aldo Iuliano e “Amanda”, diretto da Carolina Cavalli si contendono il tanto ambito posto d'oro. Sono stati tutti artisti di rottura dell'anno scorso e hanno portato al pubblico la loro versione del cinema che appare nuova, audace, promettente e stimolante. 


Space Monkeys, che ho avuto il piacere di vedere al cinema dove si suppone debba essere vissuto, offre un ritratto generazionale disfunzionale, un tentativo di inquadrare la fluida e sfuggente Generazione Z. Aldo Iuliano, con una tecnica incredibile, testa i limiti dell'immagine digitale, accompagnato dal maestro della fotografia Daniele Ciprì.

Iuliano è una figura audace, non si tira indietro e nella parte lunga della festa confeziona sequenze spettacolari che aprono il film a una dimensione metafisica. 


Una novità, una visione inedita, una libera espressione della propria mente, fedele ai valori e alle idee iniziali che rendono l'opera impareggiabile. Questo è ciò che, quest'anno, i David di Donatello vedranno in tutte queste incredibili opere. 


Con Amanda invece, Carolina Cavalli porta avanti la sua visione specifica, restituendo un'opera che, pur avendo molti riferimenti stranieri, è a suo modo inedita nel nostro cinema di oggi.


C'è finalmente un'aria di rivoluzione al cinema e nei Festival. La presenza di film come questi, scandalosi, coraggiosi, a metà strada tra autorialità e "genere", lo ha dimostrato. E troviamo ancora una nuova conferma ne "La santa piccola", un film che forse qualche anno fa sarebbe stato impensabile portare in Laguna.


Come dicevo all'inizio, l'aria sta cambiando. Sta per iniziare una nuova era in cui gli artisti potranno dire la loro, liberare i loro freaks interiori e fare finalmente ciò per cui sono stati messi su questo pianeta, creare. Nessun limite, solo pura arte. E tutti noi siamo qui per fare arte, nel nostro modo speciale e unico. 




By Miriam Gagino

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